Re Artù e quella volta che
il sole sorse da occidente
Era l’alba. A Camelot quella mattina il gallo schicchiriccava da alcuni minuti come un ossesso. Re Artù, ancora intorpidito nel dormiveglia, non si capacitava ancora di dove fossero i suoi pensieri, se nell’ultima dolcezza del mondo dei sogni o nella prima violenza della realtà quotidiana, incerto e confuso in quel delicato istante del risveglio in cui dolcezza e violenza si sovrappongono completandosi a vicenda.
Tuttavia percepiva la sensazione più che certa di un disagio concreto seppur ancora non bene identificato e in attesa del progressivo connettersi del suo cervello con i sensi, si rassegnava passivamente alla brutale sacralità del risveglio, quello scorrere liquido della Vita che scendendo all’alba nelle membra dà loro la consistenza del quotidiano; brutale, almeno, per chi veniva da una notte regale con la bella Ginevra. E da Ginevra agli affari di governo, secondo Artù, la differenza c’era, eccome se c’era
Fu solo dopo il terzo sbadiglio, degno di un mammuth, che Artù comprese che c’era un gran casino fuori, urla, voci, la campana dell’adunata della guardia e un gallo in crisi isterica, che più che dei chicchirichì pareva emettere gli squilli finali dell’Armagheddon, e poi - caspita! – non tornava l’ombra. Poh, poh, pofforbacco, questa sì che era bella, si era sfasata l’ombra! Si era abituato ogni primo mattino, nel familiare gesto del pigro allungarsi in stiracchiamento dell’avambraccio, a vederne l’ombra alla sua destra, sulla parete ovest della regal camera, e quella sagoma era ormai divenuta il buffo quanto rituale inizio della giornata, con i soliti giochi d’ombre cinesi che lo impegnavano nel cigno, nel coniglio o nel profilo aquilino di quell’idiota di ser Lancillotto e infinite varianti a due mani: Lancillotto che si scola una pinta di birra, Lancillotto che si scaccola, Lancillotto al cesso. Specialmente il paladino defecans, con adeguata mimica ponzante, lo riempiva di bonficchiante buonumore, sufficiente per ammortizzare le inevitabili incazzature dei mattutini affari di governo. Ma – caspiterina e poppoffarre! – quella mattina niente ombra sulla parete, e sì che il sole era già alto.
Artù con un balzo si precipitò dal letto alla finestra a veder che fosse mai questa novità e urlò alla folla che rumoreggiava nella corte il suo sterentorio e regale: “kekkà zzocèssi pòssa péresta mani?”.
La folla si congelò in un terrorizzato silenzio con un bell’effetto teatrale alla “zitti ecco il capo”.
Artù si rasserenò in cuor suo pensando che era ancora il re (sempre nel proprio intimo stupendosi che tenessero un cialtrone come lui a comandare un tanto nobile regno) quindi aggiunse con un elegante timbro da tricheco idrofobo con gli occhi iniettati di furore regio: “Merliiinooo, …allora?”.
Il vegliardo rispose, indicandolo: “Vostra Grazia, il sole!”
Artù si voltò al cielo ma sul principio non realizzò l’evidenza (secondo tradizione) quindi rivolto a Merlino, disse “…embhè?” e Merlino rispose imbarazzato (non si sa se imbarazzato per l’evidente figuraccia di non previsto come veggente tanto sbalorditivo evento o se imbarazzato nell’aver per sovrano un tanto conclamato idiota): “Sire, … è sorto da ovest”
“Poh poh pofferbacco!” bonficchiò Artù, dopo aver realizzato la posizione occidentale del sole, e convocò il Gran Consiglio. Perché se c’è una tragedia all’orizzonte di Camelot, state pur sicuri che si convoca il Gran Consiglio. Che di per sé è “La Tragedia”, così i conti tornano: tot tragedie, tot Gran Consiglio, il cataclisma peggiore del quale in quel nobile reame si abbia mai avuta notizia. Dieci minuti dopo erano tutti riuniti alla Tavola Rotonda.
-Allora, che cosa significa? – domandò il Re.
Seguì un imbarazzato silenzio, destinato però a durare poco e a lasciare presto il posto ad un graduale vociarsi addosso in un fiorire di posizioni antitetiche e di proposte fantasiose che poi sarebbero inevitabilmente sfociate nella rissa generale (secondo tradizione) e ci fu un dibattito più o meno così riassumibile:
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non sappiamo, Sire, a parte che non era mai successo prima…
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sembrerebbe nulla sia cambiato: stessa luce, stessi raggi, stesso calore…
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è possibile che stasera tramonti ad Est e poi tutto ritorni come prima.
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ma no, io dico che è cambiato tutto, invece, e che l’ovest è divenuto est, e che l’est è divenuto ovest, cioè che l’est e l’ovest permanentESTmente mutossero.
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E se anche fosse così, che cosa cambia? Il nord e il sud sono sempre al loro posto, l’acqua scorre sempre verso il mare e le galline fanno sempre le uova, non c’è nessuna conseguenza su nessuna attività di questo regno, umana animale o vegetale che sia. Nonc’è di che preoccuparsi.
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Ma sì, se il sole ha bisogno di una sgranchitina sono affari suoi, avrà fatto una scappatella con la Luna, stanotte, e non ha fatto in tempo a rientrare al lavoro, domani sarà tutto come prima.
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Egregi colleghi e paladini del Consiglio, mi faccio sempre più convinto di essere circondato da una massa di idioti, ma possibile che non vediate quanto sia strabiliante questo segno del cielo? E cosa possa suggerire al popolo?
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Che c’entra il popolo?
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È vero, se per il Cielo l’est può divenire ovest allora per la Terra gli agnelli potranno divenir leoni e gli ultimi, come sta scritto, diventar primi, e i ricchi poveri e i previlegiati perder i previlegi e gli assetati di giustizia saziar la sete col sangue degli sfruttatori.
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Cioè il nostro.
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Odiio oddio, la rivoluzione!
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Vorranno giustizia e ci faranno fuori tutti.
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Addio tornei di golf e esenzioni dalle tasse.
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Dovremo lavorare e sudarci il pane.
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Terribile, spaventoso!
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Niente panico, fronteggiamo la rivolta!
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Egregi colleghi, egregi colleghi!
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Eh, eh, non esageriamo!
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Io non ci vedo nulla di così strano: da ovest è uscito ieri sera e da ovest è rientrato stamattina. Si è semplicemente accorto che è più comodo così.
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È vero, io questa storia che tramonta da una parte e sorge dalla parte opposta non l’ho mai capita.
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Già, è come se un aquila che è scomparsa in cielo verticalmente sopra di noi riapparisse sbucandoci sotto i piedi da sotto terra.
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Ma allora siete proprio scemi! Sorge da est perché la terra è rotonda e gira.
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E tu come fai a saperlo, l’hai girata tuttae poi sei ritornato in questo buco di reame a raccontarcelo?
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Lo so perché me lo ha detto un amico scienziato.
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Ma se anche Merlino dice che è piatta!
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Io non ho detto nulla, non ho ancora dati sufficienti per protendere per questa o quella ipotesi, anche se secondo Aristotele…
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Puà, la scienza!
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Chi sarebbe questo Aristotele, il cane pulcioso del nostro arcivescovo?
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Il più scemo dei miei cani è meno stupido di Voi, sir
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Già, e di sicuro parla meglio di quel cafone.
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Cosa c’entra questo con la Terra rotonda?
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Io dico che è piatta, invece.
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Piatta sì, come la tua testa!
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Come osi, fellone.
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Vecchio rincitrullito.
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Te la faccio ingoiare, tonda o piatta che sia.
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La rissa stavolta fu ferocissima, durò più di due ore, e vide tutti i paladini contro tutti, arcivescovo incluso (secondo tradizione), fra morsi, testate e sberle, finchè Lancillotto non riportò la serenità del dibattito riuscendo a stenderli tutti con un imperioso spargimento di lividi.
Per quel giorno decisero di prender tempo ed approfondire la conoscenza dell’evento. Ma c’era ansia fra i paladini e tensione tra il popolo. Il sole continuava la sua marcia alla rovescia e passato mezzodì prese a declinare garbatamente verso oriente. Ormai era certo che sarebbe tramontato a est, ma il giorno dopo che sarebbe successo? Da dove sarebbe nato? Digressione passeggera o rivoluzione cardinale? E soprattutto, che voleva dire questo portento? Un potente incantesimo? Ma chi mai avrebbe osato sfidare il regno di Merlino e di Artù? Un rivolgimento celeste? Ma come mai nemmeno l’arcivescovo e il papa ne sapevan nulla? La fine del mondo? Ma se non s’era ancora nell’anno mille! Insomma, non ci si capiva nulla, ogni ipotesi era plausibile.
Accompagnarono il tramonto verso est e aspettarono che si levasse la luna per vedere se anche lei fosse in aria di cambiamenti, finchè Merlino alle undici di sera non informò tutto il reame che quella era la sera del novilunio, distribuendo di “imbecilli” a destra e a manca, che perciò non sarebbe sorto un bel niente a parte le stelle, le quali sembravano venir per la parte giusta, ma del resto anche la sera prima erano sorte normali e per contro il sole aveva fatto quello che aveva fatto. Per tutta la notte non chiusero occhio, dibattendosi tra insoluti e ansiosi dilemmi.
- Che ne pensi, Merlino? – chiese Artù quando la notte rasserenò gli animi e concesse tregua alle ansie. Sotto di loro le lucciole e i grilli allietavano quella che era una piacevole e serena nottata, come poche se ne poteva godere nelle estati di Camelot – La fine del mondo? L’inizio della rivolta? Il ribaltamento delle gerarchie? Il sovvertimento delle tradizioni? O una semplice buffonata del Sole?
- non so, Artù, credimi, non so. Per la fine del mondo è troppo presto, e le rivolte non vengono mai dal Cielo ma dalla Fame. Le gerarchie, mah, forse, ma non mi quadra tanto: perché solo l’ovest, e il nord e il sud fermi al loro posto?
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…azzarderei… un rimpasto parziale prima delle elezioni anticipate?…
- No, no, la Geografia non ha governi, non mi quadra, e anche le tradizioni, a parte oggi il sole, son tutte al loro posto. Il Sole piuttosto. Era in congiunzione con Venere, forse si è davvero concesso una scappatella e non ha fatto in tempo a ritornare a casa.
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Poh, poh, poh, congiunzione hai detto? In che senso? possibile che…ahum ahum, eh?
-Congiunzione astrale, Artù, solo astrale, ma niente vieta, voglio dire, intendimi, che ne sappiamo noi degli astri, di come son fatti, delle loro passioni, emozioni…magari fra nove mesi ci nasce un pianetino nuovo che assomiglia a Venere, ecco tutto.
- Già, magari!
- Comunque io non mi preoccuperei.
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Che vuoi dire?
- Gli astri sono oggetti strani, sempre pieni di bizzarrie: pianeti con gli anelli che non si sa quando si sposano, eclissi con soli e lune che scompaiono e ricompaiono, stelle fisse, stelle mobili, ogni tanto ne appare una con la coda, cometa, poi va via e non si rivede mai più, magari un giorno ne spunterà una con gli zoccoli…Riflettici attentamente, a parte il sole anche oggi è stato tutto come prima.
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- Cioè le massaie han fatto il pane, gli uccellini il nido, i gatti han dato la caccia ai topi, i giovani si sono amati, i vecchi si sono lamentati, i preti han detto messa e l’arcivescovo si è fatto la badessa, il ciambellano le ciambelle, il pastore le pecorelle…che il sole da est vada verso ovest o viceversa, sale comunque verso il mezzodì e poi ridiscende, manda lo stesso la luce e gioca lo stesso con le nuvole. No, credimi vecchio e isterico amico di mille battaglie, da est o da ovest, per sempre o a giorni alterni, per noi non cambia proprio nulla, io resto Merlino e tu resti Re Artù di Camelot.
-Poh, poh, poh. – bonficchiò Artù – forse hai ragione. Ma se invece fosse davvero la fine del mondo?
- Anche in quel caso, dimmi, potremmo farci qualcosa? – aggiunse pacato Merlino – a parte, naturalmente, godersi quel che resta della notte prima dell’eventuale catastrofe, m’intendi?
Re Artù abbracciò Merlino come se fosse un addio per sempre ma scaramanticamente sicuro di doverlo ancora sopportare l’indomani e il giorno di poi e il giorno di poi ancora e detto questo piantò in asso le ansie per il Sole e andò dalla sua bella Ginevra. Stette sveglio ancora un bel po’. S’addormentò sudato e contento che era quasi l’alba, disinteressandosi di dove sarebbe sorto il capriccioso astro. Che la mattina dopo nacque regolarmente da est, secondo tradizione, e tutti tirarono all’alba un sospiro di sollievo.
Dopo nove mesi non ci furono nuovi pianeti in cielo.
Ma a Camelot fu festa grande per la nascita del primogenito del Re.
