un referendum
a Gran Cazzonia
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C’è una volta… c’era, diranno subito i miei piccoli lettori, e invece no, c’è… dunque, c’è una volta un paese strano, abitato da uno strano popolo che si era dato leggi ancor più strane. Un paese dove i truffatori governavano e gli onesti andavano in galera, dove gli evasori venivano condonati e i contribuenti spremuti, dove gli affamati erano diffamati, dove agli assetati di giustizia le davano a bere grosse, dove i ladri e le prostitute entravano prima degli altri, non nel Regno dei Cieli, bensì in Parlamento. Un paese insomma dove se le malefatte riuscivi a combinarle grosse, ma davvero grosse, ma immensamente grosse, e magari eri anche scemo, nano e bugiardo, allora ti facevano Presidente del Consiglio. Questo paese era la repubblica di Gran Cazzonia.
Un giorno, nella repubblica di Gran Cazzonia tennero un referendum: “volete avere un chilo di cioccolato o l’amputazione della gamba?”
Il risultato sembrava scontato, i promotori erano già sicuri di aver conquistato al Governo un chilo di cioccolato pro-capite.
Ma se c’è un paese dove mai nulla deve essere dato per scontato (nemmeno ai saldi), quello è proprio Gran Cazzonia.
I venditori di protesi sanitarie erano nella maggioranza di governo, avevano da poco vinto le elezioni partecipando ad una variegata coalizione di spergiuri, chirurghi e becchini, e esprimevano il ministro alla sanità dott. Ancastorta, noto imprenditore fabbricante di stampelle, il cui motto era: zoppare meno, zoppare tutti.
Quel referendum colpiva chiaramente i suoi interessi politici e patrimoniali.
Che fare? Il quesito referendario era di quelli chiari ed (ahimè!) comprensibili da parte dell’opinione pubblica. Insomma, tra un chilo di cioccolato ed una gamba in meno, tutti, ma proprio tutti, erano per il cioccolato.
Ancastorta però convinse i chirurghi al fronte dell’astensione e si affidò ad una abile propaganda. Astenetevi dal cioccolato, sembra dolce, ma è salato, fa venire il colesterolo e la pressione alta, e forse anche il raffreddore e l’impotenza. Quelle tavolette sono veleno! Volete mettere con una salubre corsetta a piedi con una buona protesi agli arti inferiori? La salute prima di tutto!
Coniarono uno slogan, o golosi o virtuosi, e fu propagandato all’ossessione su telegiornali e 6 televisioni di Stato, tutte in mano governativa, dove lo spot anticioccolato andava in onda ogni 10 minuti, e non di più a causa della par condicio. Solo sugli altri telegiornali lo spot poteva essere trasmesso ogni 5 minuti, quelli non statali delle televisioni indipendenti, che una recente legge sul pluralismo aveva concentrato nelle mani del Presidente del Consiglio (grande amico di Ancasorta) per evitare che spregiudicate opposizioni accedessero ad un uso distorto della libera informazione.
A una settimana dal referendum già la gente intervistata si vergognava a optare chiaramente per il cioccolato, aveva paura di passare per golosa, paura nel senso che l’intervistatore governativo era sempre accompagnato da tre o quattro oranghi dei servizi sanitari, in camicia nera, muniti di nodosi manganelli per la profilassi anti-colesterolo, e le legnate erano assicurate.
Nelle famiglie si sussurrava che forse era meglio non votare, che era meglio non esporsi troppo con tanto democratico zelo, non si sa mai. E poi mica si poteva essere demodé davanti a quegli spocchiosi maligni dei vicini di casa!
Così la gente non volle passare da golosa e votò per le protesi, e col beneplacito della sovranità popolare si amputarono le gambe di una intera nazione.
Tempi d’oro per i chirurghi! Finchè a un certo punto finirono le protesi. Nemmeno nell’azienda di Ancastorta si riusciva a produrre stampelle con operai monogamba. E monogamba rimase l’80% della popolazione che, priva di protesi, non potè più camminare. Poi finirono i farmaci, le garze ed i lacci emostatici. Il 90% degli abitanti di Gran Cazzonia morì dissanguato.
Il fetore delle carni amputate invase il paese, un tanfo orribile di idiozia putrefatta.
Un bimbo agonizzante chiese al padre che stava morendo: ma perché al referendum hai votato per le protesi? E il padre, con l’ultimo rantolo di voce, rispose: ma che, mi hai preso per un goloso?
... silenzio
…poi ancora silenzio
…poi ancora silenzio
